L’ambientazione di questo brano del vangelo è l’ultima cena. Gesù ha appena detto che se ne andrà e i dodici temono di non farcela da soli. Abbiamo tutti bisogno di guide, di maestri e di testimoni che ci indichino la via.
Eppure è necessario un salto di qualità nella vita. Non si può essere sempre discepoli, ascoltatori. Chi ha ricevuto, ad un certo punto della sua vita deve dare, a piene mani, quello che ha ricevuto. Deve diventare anch’egli un maestro. Solo l’amore può fare tutto questo. Solo se è un amore forte per Gesù a guidare le nostre vite allora diverremo gradualmente capaci di donare quell’amore che abbiamo ricevuto.
Ecco perché è necessario lasciarsi amare e amare la persona di Gesù Cristo. Non si scommette la propria vita per un’ideologia, una religione. La propria vita acquista senso se decidiamo di incontrare ogni giorno il Signore della vita piena. Perché il nostro Dio non è una religione da seguire ma una persona con cui entrare in relazione.
Gesù, nella vita di ciascuno di noi non è semplicemente colui che ci guida ma è la Persona che, nell’amore, ci aiuta a tirar fuori la versione migliore di noi stessi. A divenire noi stessi amore così come ci è stato insegnato.
“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti” dice Gesù. Eccola la via che ci indica. È un invito, non un obbligo. È una proposta di una relazione che rigenera la nostra vita a misura di quella di Dio. Amare come lui ci ama, ci conduce a renderci conto di quanto la sua forza è dentro di noi e ci conduce fuori, a non restare rinchiusi in uno sterile intimismo.
È l’amore tradotto in gesti concreti di vita che ci fa conoscere e amare Gesù. È amando che facciamo la prova che il nostro respiro spirituale è buono e nella nostra anima circola l’aria di Dio e il cuore batte al ritmo giusto del Vangelo.
Ma questa “rivoluzione” nella nostra vita non riusciamo a compierla in solitudine. E questo Gesù lo sa. Per questo promette un Paraclito, un Consolatore, un Avvocato che costantemente suggerisce al nostro cuore la direzione da prendere. Compito dello Spirito è quello di condurci alla comprensione del vangelo, all’obbedienza docile e filiale della parola di Dio, alla sequela generosa di Gesù, per essere i testimoni della sua risurrezione ovunque. Sempre.
Lo spirito che ci è donato è spirito di salvezza, di rispetto, di dialogo, di sincero confronto (II Lettura), non di integrismo, non di fanatismo religioso, non di chiusura e intolleranza. Purtroppo pensiamo poco alla vita dello Spirito in noi e nella Chiesa e per questo siamo portati a fare più affidamento su di noi che non su di lui che soffia dove e come vuole. La Chiesa primitiva viveva più intensamente la vita dello Spirito e là dove era stata accolta la parola di Dio gli apostoli pregavano, imponevano le mani e lo Spirito scendeva in abbondanza.
Lo Spirito che il Signore trasmette, dunque, è lo Spirito dell’amore che ci rende capaci di amare, di scorgere creativamente, modalità concrete per andare incontro all’altro disarmati, senza timore, senza sdolcinature ma con un amore concreto, gratuito e generoso. Senza calcoli.
Allora se veramente amiamo Gesù, la verifica di quest’amore sta nell’amore con cui accogliamo nella nostra vita il fratello, la sorella, che quotidianamente ci viene incontro.