II INCONTRO VOCAZIONALE CON I GIOVANI
MONS. FILIPPO SANTORO
Taranto, 22 dicembre 2013
“Dare la vita totalmente a Cristo
è l’avventura più grande che si possa immaginare”
Carissimi sacerdoti e carissimi giovani,
dopo il periodo natalizio vissuto nelle nostre comunità, abbiamo pensato di mandarvi il testo integrale della riflessione del nostro Vescovo sul tema della vocazione, trattato durante l’incontro del 22 dicembre 2013, presso la cappella del seminario. Il nostro pastore ha comunicato che il 19 gennaio 2014 ci sarà il 3° incontro alle ore 16:00.
IMPEGNO
Ogni gruppo giovanile dovrà soffermarsi su questa riflessione e subito dopo, inviarci via email le domande personali scaturite. Queste saranno riprese nel prossimo incontro di domenica 19 gennaio.
giovani@taranto.chiesacattolica.it
Don Francesco Maranò
Don Giovanni Chiloiro
Dal Vangelo secondo Giovanni 3, 1-17
C’era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei. Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: “Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno, infatti, può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui”. Gli rispose Gesù: “In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio”. Gli disse Nicodèmo: “Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?”. Gli rispose Gesù: “In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito”.
Replicò Nicodèmo: “Come può accadere questo?”. Gli rispose Gesù: “Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
INTRODUZIONE
Cari amici, giovani e adulti l’incontro questa sera lo possiamo chiamare: “La presenza di Cristo: un altro mondo in questo mondo”.
Il Signore dice a Nicodemo che se non si nasce di nuovo non si può entrare nel regno dei cieli. Rinascere di nuovo! Ma dove? Rinascere in un altro mondo in questo mondo. Il Vangelo che abbiamo letto ci fa capire le intenzioni del Signore e il dono straordinario che lui ci fa chiamandoci ad un rapporto interpersonale. Come ho già detto l’altra volta, i nostri incontri servono a scoprire la vocazione; la vocazione generale alla santità, ma anche la vocazione specifica alla vita sacerdotale, alla vita consacrata oppure alla consacrazione laicale nel mondo. Ho ricevuto varie domande dopo l’incontro tenuto qui in seminario nel mese di novembre. L’argomento che più tornava era il seguente: Come tutta l’esistenza può essere impregnata dalla presenza di Cristo? Come tutta la vita può essere toccata dalla presenza di Gesù? Il Signore esige la totalità. Nicodemo fa osservare proprio questo: come si può nascere di nuovo? Come può essere tutta la vita rigenerata dall’incontro con il Signore? Questa è proprio la domanda sulla vocazione.
Oggi desidero partire da una premessa ampia e indispensabile e poi indicarvi tre punti che ci aiuteranno nella nostra riflessione. Un aspetto fondamentale per capire è il silenzio e l’ascolto. L’incontro di questa sera sarà proprio un momento di ascolto attento e di silenzio.
Premessa essenziale
L’incontro di Gesù con Nicodemo ci mette nella direzione giusta perché non si può capire la vita consacrata, la verginità cristiana se non si parte da questo punto: nascere di nuovo. Avrei potuto prendere tanti altri testi, ma ho scelto proprio il brano di Nicodemo perché ci mette nella direzione giusta per comprendere meglio la verginità cristiana che è una totale novità, non appena un’aggiunta ad una vita già strutturata. Quando il Signore ti chiama ti mette in un’avventura totalmente nuova.
Nicodemo, fariseo, capo di Giudei, va da Gesù di notte. Alcuni dicono che lo fa per non farsi riconoscere, per non far vedere che aveva un rapporto con Cristo; altri invece dicono che va di notte per avere un momento tranquillo di discussione e di incontro. Nicodemo quando incontra Gesù gli dice di sapere perfettamente che è un “maestro venuto da Dio” e che proprio per questo riesce a “fare segni”, cioè cose grandi. Gesù replica subito dicendo “In verità, in verità ti dico se uno non rinasce dall’alto non può vedere il regno di Dio”. Ma che significa rinascere dall’alto? La risposta sta in quello che vi ho detto all’inizio “la vocazione è un altro mondo in questo mondo” non appena un’aggiunta alla nostra vita. Come se noi avessimo la nostra vita, e quindi cerchiamo di fare qualcosa in più, cerchiamo di essere più buoni, più morali, più castigati. Rinascere non è un’aggiunta, ma è una novità totale nella nostra vita, come un bambino che prima non c’era e poi comincia ad essere. Quindi Gesù insiste su questa immagine del rinascere, del nascere nuovamente perché se non si rinasce non si può vedere il regno di Dio e non si può entrare nel regno di Dio.
Entrare nel regno di Dio non significa aspettare la vita eterna, ma è un entrare nel regno di Dio adesso, in questo momento perché entrare nel regno significa entrare nella verità delle cose. Se uno non nasce di nuovo non può vedere le cose secondo la loro verità, non vive lo studio, il lavoro, gli incontri, l’amicizia in maniera vera. Entrare nel regno significa vedere la realtà in una maniera totalmente nuova, in maniera vera. Come si fa ad entrare nel regno? Gesù risponde “Se non tornerete come bambini non entrerete nel regno!”. Non si entra con la forza e con il potere, ma solo con l’abbandono e con l’essere come bambini. La forza e il potere degli adulti non servono per entrare nel regno di Dio. Serve l’abbandono dei bambini I quali si affidano ai loro genitori, a quello che vedono e odono, a quello di cui possono aver fiducia. La vocazione, quindi, non è una nostra azione di forza, ma è il discernere i segni affidandosi completamente a Dio, proprio come ha fatto la Madonna. Lei ha avuto un annuncio straordinario! All’inizio si è “molto turbata”, si è agitata, ma poi l’angelo l’ha rassicurata e lei ha aderito al disegno già prestabilito dalla volontà di Dio. Quindi, non è tanto la forza di volontà o l’impegno morale a far nascere la vocazione, ma è il disegno di un Altro, di Dio e quindi l’abbandonarsi a Lui. Per questo la nostra vita morale è soprattutto seguire un amore grande e abbandonarsi realmente e seriamente a Qualcuno che ci vuole bene e che ci chiama per nome. Entrare nella realtà significa entrare in un rapporto vero con le corse perché tante volte noi facciamo tante cose ma non siamo veri.
Ricordo quando, giovane sacerdote, insegnavo religione presso uno dei licei più famosi di Bari, il “Gaetano Salvemini”. Era il periodo del ’68 e non si capiva niente: chi entrava e chi usciva dalle classi senza chiedere permesso e non si riusciva a fare lezione. In questa situazione, invece lamentarmi, decisi di mettermi d’accordo con la professoressa responsabile dei gruppi comunisti del liceo e insieme abbiamo incominciato a incontrarci e a parlare anche con gli altri studenti organizzando corsi alternativi. Ricordo di aver iniziato la mia prima lezione di religione con una canzone di Giorgio Gaber, “Far finta di essere sani”. Ho spiegato che possiamo fare tante cose, anche la rivoluzione, che allora era di moda, e fingere di vivere. Così come accadeva in quel periodo, anche noi, ora, possiamo finta di essere sani, senza vivere la verità delle cose. Nel periodo del ’68 come oggi, anche se in maniera diversa, molte volte si finge di vivere ma, in realtà ci si lascia vivere. Sobreviviendo, sopravvivendo, come dice una canzone latinoamericana. Lasciandosi condurre dall’onda che passa. Nel cuore, invece, nutriamo il desiderio di vivere realmente e intensamente la nostra esistenza.
E allora di fronte a Gesù che dice “Devi nascere di nuovo” Nicodemo risponde: “Ma come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?”. Gesù non attenua la portata della sua affermazione, anzi la accentua “Se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel regno di Dio”. Se uno non nasce di nuovo non può entrare nella verità delle cose, non può entrare nella verità dell’esistenza, dell’amore, dell’affetto, del lavoro, degli incontri. Uno può fare tante cose senza essere presente a se stesso: può recitare tante preghiere, può eseguire canti, può suonare, anche non fare nulla di moralmente strano, ma senza esserci! Questo vale anche per noi sacerdoti. È possibile persino celebrare senza esserci e se non ci siamo, noi siamo delle macchine. E’ evidente che poi le nostre omelie non dicono nulla al popolo di Dio. Il Papa, proprio per questo motivo, nell’Esortazione Evangelii Gaudium ha inserito diversi paragrafi sull’omelia (nn.135-144). Quindi noi sacerdoti dobbiamo essere i primi a vivere questa nuova nascita dall’alto.
L’esperienza di cui si discute moltissimo è il celibato dei preti. In realtà non è questo il punto sconvolgente, ma la verginità cristiana che è espressione di un’umanità vera. Il punto focale è Cristo e quindi o Lui è la nostra ragione di vita oppure non si può dare la vita per una sterilità affettiva. Il rinascere è legato a questa esperienza di nuova umanità che nasce dall’affezione a Cristo. Nicodemo replica :”Ma come può succedere di rinascere?”. Gesù risponde :”Tu sei maestro in Israele e non conosci queste cose? Sei un capo dei farisei e non sai queste cose? “In verità ti dico noi parliamo di quello che sappiamo e testimoniamo quello che abbiamo veduto, ma voi non accogliete la nostra testimonianza”. Il Signore insiste proprio su questa novità radicale che introduce nel mondo, un altro mondo dentro il mondo. A tal proposito Gesù presenta l’immagine del vento che “soffia dove vuole, ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va: cosi è di chiunque è nato dallo Spirito”. Il vento uno non sa da dove viene, ma non può negare che c’è, non sa dove va, ma ne avverte la voce. Riusciamo a capire e a distinguere la tramontana dallo scirocco, ma da dove abbiano origine questi venti non lo sappiamo, però non possiamo negarne l’esistenza. Dice Gesù a Nicodemo che c’è l’esperienza concreta anche se non sa da dove nasce; perché l’uomo non domina tutto e non domina l’inizio di questo nuovo mondo. Non si può però negare che ci sia un mondo nuovo che è entrato nella storia e che sia qui davanti a noi.
Un giorno per le strade di Calcutta Madre Teresa raccoglie un uomo pieno di piaghe e ormai morente, lo porta a casa e insieme alle sue suore, lo lava, lo medica…dopo poche ore l’uomo muore, ma prima di spirare dice a Madre Teresa: “Sa madre, ho vissuto tutta la mia vita come un cane, ma ora muoio come un angelo, circondato d’amore e attenzioni”. Quest’amore verso la persona è la verginità cristiana, più in generale è il Cristianesimo. La passione di Dio per l’uomo. L’affermazione dell’essere dell’altro. Il bene che noi facciamo ad un’altra persona è il riflesso dell’amore di Gesù. E quest’affetto proviamo per il nostro prossimo è un segno dell’amore che il Signore ha per tutti gli uomini e le donne. Le nostre azioni vengono fatte per amor suo ed è questo è il punto fondamentale che noi dobbiamo mettere in evidenza quando affrontiamo il tema della vocazione. La vocazione ha un’origine misteriosa che non possiamo controllare perché proviene dalla potenza di un Altro che entra nella nostra vita e di cui noi facciamo esperienza Questa potenza è una persona è Cristo traboccante di amore per ogni uomo. Noi ci stiamo avvicinando al Natale, il Signore si fa uomo e viene a nascere in mezzo a noi perché ha una grande passione per ciascuno di noi. In questa passione troviamo l’origine misteriosa della chiamata. Nel medioevo nacque una discussione suscitata da Sant’Anselmo “Cur Deus homo?”, “perché Dio si è fatto uomo”, perché Dio ha deciso di incarnarsi. La risposta sta nell’amore. L’unica risposta è “per amore”. Questo amore è davanti agli occhi di ciascuno di noi e non possiamo far finta di non vedere. Concludo questa premessa così come ho iniziato : dobbiamo ascoltare e fare silenzio. Dobbiamo ascoltare lo Spirito Santo di Dio perché è lo Spirito Santo che ci fa scendere in profondità e ci fa conoscere la vera realtà. Senza lo Spirito di Dio noi rimarremmo sempre in superficie e saremmo come la spuma dell’onda che dopo un po’ scompare, destinati al niente e quindi incapaci di entrare nel cuore della realtà. Il Natale ci dice che Dio entra nella nostra fragilità, nei fenomeni che passano e ci salva. Il Verbo si fa carne; questo è l’altro mondo in questo mondo.
1. Come è entrata nel mondo l’esperienza e l’idea della verginità cristiana?
È venuta soltanto dall’Incarnazione del Signore, dalla presenza di Dio in mezzo a noi, del Verbo fatto carne. Questo è il motivo per cui noi parliamo di verginità. Non è una realtà legata al culto come nel mondo pagano, orientale ed ellenistico, o alle vergini del mondo romano. Si tratta invece di un’esperienza legata unicamente ed esclusivamente al mistero dell’Incarnazione di Dio nella persona di Gesù. La verginità non è entrata nel mondo in una maniera filosofica, ma è entrata nel mondo come imitazione di Cristo, come esperienza che il Signore ha vissuto in prima persona e ha proposto ad altri come modalità per vivere l’esistenza. E’ l’esperienza di un grande amore che riempie tutta la vita. Questo è il fattore decisivo e determinante. E quindi la verginità cristiana nasce proprio come sequela e imitazione di Cristo. E come Cristo possedeva la realtà. Vivere il rapporto col reale vuol dire possederlo. E si può possedere secondo una misura intera o non intera. Ci domandiamo: “Come Cristo viveva il rapporto con le cose, con il cielo, con la terra, con la pioggia, col vento, con le persone, col tempo e con lo spazio”?
Gesù riprese a parlare e disse loro: “In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo.” (Gv 5,19).
Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. (Gv 5, 25-30).
Il modo con cui Gesù viveva il rapporto con la realtà era determinato dall’obbedienza al Padre, possedeva i rapporti secondo quello che il Padre voleva. Gesù entrava in rapporto con le persone secondo il loro destino vero.
E qual è il destino della persona? Il destino è proprio la salvezza del mondo che si manifesta nella passione, morte e risurrezione di Cristo. Ogni scelta (matrimoniale, sacerdotale, religiosa) è dettata dalla passione per Cristo. La passione per Cristo che passa attraverso un uomo e una donna, ma è direttamente rivolta a Lui. Senza Cristo non si può amare né il marito né la moglie, senza Cristo non si può amare la vocazione specifica alla vita consacrata. Sono due le grandi espressioni vocazionali nella chiesa: una è la purità del cuore che si concretizza nel Matrimonio come attenzione al coniuge, e l’altra è la verginità nel senso stretto come forma di vita dedicata a Cristo. Potete vedere tutto questo nei brani del Vangelo che ci parlano dei vari incontri di Gesù (Per esempio: Mt 26, 6-10; Lc 7,36-50; Gv 20, 11-18). La verginità è l’essere in rapporto con le persone e con le cose secondo la modalità con cui Dio, il Mistero di Dio è in rapporto con loro
Leggendo il vangelo si percepisce che Gesù vive questa passione e quest’attenzione in ogni istante. Solo per citare alcuni esempi, prendiamo il vangelo di Luca 7,36-50. In questo brano ci troviamo di fronte a una donna peccatrice. Perché questa donna va da Gesù e gli lava i piedi con le lacrime, li asciuga con i capelli, gli bacia i piedi? Tutte cose molto scandalose soprattutto per quel tempo. Lui l’ha guardata senza toccarla con un dito e ha amato il suo cuore, il suo destino, le ha voluto bene come nessun altro uomo lo aveva mai fatto né immaginato. Una passione vera che provoca tutti quanti persino Simone il fariseo. Una passione che è propria di Cristo, nasce da lui e che si comunica a quelli che lui sceglie e ai quali dà un compito specifico nella Chiesa e nel mondo. Fuori di questa passione non si spiega la donazione al Signore particolarmente nella vita consacrata Nel vangelo di Giovanni 20,11-18 la Maddalena va al sepolcro la mattina di Pasqua per trovare il Signore, arde dal desiderio di vederne almeno il corpo, trova il sepolcro vuoto e disperata lo cerca. Non riconosce il Risorto nel giardiniere, ma quando egli la chiama per nome gli va incontro e si butta ai suoi piedi. Gesù le dice: “annuncia ai miei fratelli, portami nel mondo”. Anche Zaccheo, toccato da un amore appassionato, toccato da un amore straordinario, esclama: “Quello che ho rubato lo restituisco quattro volte e do la metà dei miei beni ai poveri”.Dice sant’Agostino: “Fu visto e quindi vide”. Gesù vive il rapporto con la realtà dell’uomo, avendo un dialogo costante con il Padre, un rapporto, di Amore con il Padre.
Quindi la verginità cristiana è vivere la realtà partendo dal riconoscimento di Cristo. Da qui parte la verginità cristiana che riguarda tutti gli aspetti della vita, come si guarda il cielo, come si guardano le persone, come si beve, come si mangia. Ma c’è un modo in cui la realtà è vissuta come barbari, senza significato, senza affermare il valore delle cose, come selvaggi, come bruti … Quando sono andato in America latina ho visto l’opera dei Gesuiti che hanno evangelizzato la popolazioni degli Indios Guaranì partendo dall’annuncio di Gesù, della bellezza di Cristo, e non con l’enumerazione delle leggi morali. L’annuncio della bellezza di Cristo, il fascino del Signore, la bellezza della Liturgia, la bellezza dei Sacramenti, la bellezza dell’Eucaristia, la bellezza della Parola, e la bellezza della carità che si dona,hanno contribuito a rispondere all’attesa del Redentore che questi popoli avevano. Tutto cambia per la bellezza di Dio fatto uomo.
2. Qual era l’aspetto determinante della vita di Gesù? Qual era la sua missione?
La sua missione era ed è la redenzione del mondo. Qual è il
compito della vita? Il secondo punto riguarda il compito che noi abbiamo nella vita. La vocazione ci dona un compito. Non siamo nati per passare il tempo, ma nella nostra vita abbiamo una missione, nella nostra vita abbiamo un compito, nella nostra vita abbiamo un obiettivo. Qual è il compito che noi abbiamo nella vita? Il compito che Gesù aveva nella vita era in primo luogo la salvezza del mondo attraverso l’obbedienza al Padre. L’amore è obbedienza al Padre, è donazione al Padre. Il compito della vita è tutto nella donazione di sé. Gesù vede la realtà davanti a sé come la missione che il Padre gli ha affidato. L’obbedienza al Padre e’ la forma sostanziale e fondamentale della vita. Proprio per questo la vocazione è seguire un altro. La vocazione come obbedienza e’ seguire i segni che un altro ti offre e ti comunica per la redenzione del mondo. La vocazione e’ il rapporto con il Signore, con colui che è il signore dell’Universo e del Mondo per ottenere la salvezza del mondo. E questo non per un nostro progetto, ma per obbedienza al Padre, come obbedienza a un mistero più grande, per cui noi siamo liberi, facciamo quello che il Signore ci chiede di fare, ma al tempo stesso obbediamo al compito che ci è stato dato. Quindi se uno sente la vocazione del missionario verifica la vocazione e poi va dove la Chiesa lo manda. La congregazione religiosa che accoglie deve permettere al chiamato di per far fiorire la grandezza del dono che ha ricevuto. Perché la qualità della nostra vocazione non consiste in è quello che riusciamo a fare, ma nel come riusciamo a vivere l’obbedienza, l’annuncio, la testimonianza dell’amore di Cristo. Quindi il secondo punto è l’obbedienza.
3. La forma specifica della vocazione:
Cristo è l’unica ragione per la quale vale la pena vivere.
Ma se la testimonianza a Cristo si può dare sia in Famiglia e sia nella Vita Consacrata qual è la differenza? La differenza è come quando noi vediamo nei nostri paesi che ci sono tante case ma poi c’è la Chiesa e c’è il campanile. Le tante case indicano il compito del popolo di Dio: costruire, dare la vita, educare i figli, ecc… Il campanile indica qual è il significato della vita, la ragione della vita, quindi è il segno di ciò che salva la vita. Tutti danno la testimonianza, ma c’è un segno per dire a tutti che quello che basta alla vita è Cristo. Il campanile è il segno alzato in mezzo al popolo, in mezzo alle nazioni, in mezzo alle genti. Il campanile è in mezzo al popolo non fuori dal popolo, non nel palazzo. È bello vivere la propria vocazione in mezzo alle persone. Il campanile però non è uguale alle case. C’è una grande differenza e non ci si può confondere. Tutti hanno il compito di costruire, ma la vocazione sacerdotale, la vocazione religiosa, la consacrazione al Signore tende a rendere presente Cristo come l’essenziale anche nella forma della vita. Anche nel sacrificio della modalità comune e potente del rapporto uomo donna nel matrimonio e nella costruzione di una famiglia naturale.
Sono cose straordinarie che però senza lo Spirito di Dio non si capiscono. E se le capisci, le capisci per un istante e poi già sei distratto e poi le perdi e così non diventano vita. Bisogna sempre pregare ed invocare lo Spirito che ci dia l’affezione alle persone che Gesù aveva e che tutti avremo nell’ultimo giorno. Nella preghiera costante (Lc 18,1), nel silenzio in alcuni momenti della giornata, nella messa, nel seguire il piano di Dio seguendo persone appassionate per la propria vocazione, il cammino della verifica si conferma. La verginità nel senso stretto del termine è un carisma, un dono nella Chiesa per tutto il popolo di Dio. Il compito specifico quindi della vocazione alla verginità è la testimonianza che Cristo è l’unica ragione per la quale vale la pena vivere. La vocazione diventa punto di riferimento per la tua vita nel lavoro, nello studio, nei rapporti , nel pensare il futuro ecc.
Ma approfondiamo ancora la maniera come il Signore viveva tutti i rapporti. Era una passione sino a dare la vita per l’altro. Era un rapporto che accoglieva anche il sacrificio supremo nel dono di sé. Don Giussani spiegava quest’aspetto della verginità parlando di “un possesso nuovo con una distanza dentro”. E portava l’esempio che quando voglio osservare un bel quadro, un’opera d’arte non la vedo bene se mi metto ad un palmo dalla pittura con gli occhi attaccati al quadro. Ho bisogno di una distanza per vederlo bene ed ammirare tutti i particolari. Diversamente con gli occhi spiaccicati al quadro non vedo l’insieme, vedrò solo un punto oscuro e confuso. Per cogliere la bellezza de “La vocazione di Matteo” del Caravaggio, è necessaria una distanza per cogliere il messaggio.
Così è nella distanza affettiva richiesta dalla verginità. E’ una forma di possesso, di rapporto, di sguardo come quella di Gesù con un sacrificio dentro. Il sacrificio è quello che mi permette di vedere, di cogliere la verità nell’insieme, secondo il destino vero delle persone e delle cose. Ma questa forma è possibile? è possibile vivere la vocazione anche nel mondo di oggi? Vi dico per esperienza che è certamente possibile perché è il Signore che chiama ed anche perché non si tratta di rinunciare all’affettività, ma di viverla in modo differente, ancora più intenso. La stessa affettività vissuta da Gesù. La vocazione è vivere un incontro, un’amicizia, un cammino comune, lo studio, il quotidiano, con le fragilità che sono inevitabili, (perché una persona è sempre in cammino) nell’esperienza dell’amore di Cristo, proiettati a crescere, a seguirlo, a camminare con Lui È come il bambino che incespica, cade, ma è sempre tutto proteso ad andare avanti, tutto proteso a vivere in pieno la sua esperienza. La verginità è quindi una forma di incontro, di possesso con una distanza dentro. Gesù dice alla Samaritana: “Se tu conoscessi il dono che io ti do saresti tu a chiedermi quest’acqua”. L’acqua è l’esperienza vera della vocazione. Allora questo è il cammino a cui noi siamo chiamati.
In questo cammino necessario il lavoro personale di risposta della nostra libertà al Signore. E’ necessario l’ascolto, è indispensabile il silenzio ed è fondamentale la preghiera. Vi raccomandavo di dedicare quotidianamente 5-10 minuti di riflessione su queste lezioni, e poi la partecipazione alla Liturgia, e la vita in comunità, seguendo realmente qualcuno che già vive questa esperienza e che segue col cuore il Signore.
Don Francesco Maranò
Don Giovanni Chiloiro
Per informazioni rivolgersi a:
don Giovanni Chiloiro 3383224571 (ufficio vocazionale)
don Francesco Maranò 3409705114 (servizio per la pastorale giovanile)