“Il suo volto brillò come il sole”

a cura di Paolo Martucci

L’evangelista Matteo in questa seconda Domenica di Quaresima narra l’episodio della trasfigurazione di Gesù avvenuta, secondo la tradizione, sul monte Tabor: «Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte».

Allo stesso modo, in un altro passo del Vangelo di Matteo, Gesù prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li conduce nell’orto del Getsemani: «E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia».

Che cosa possono voler dire questi due episodi nella storia che ciascuno di noi è chiamato a vivere?

Proviamo ad immedesimarci nei discepoli che vivono più da vicino queste due esperienze.

L’esperienza del Tabor è simile, nell’emozione provata dai discepoli, all’esperienza che ogni giovane fa dell’innamoramento: ad un tratto tutto intorno a noi sembra rivestirsi di bellezza, tutto sembra cambiare forma (trasfigurazione – metamorfosi) perché animato da esperienze che ti fanno cogliere le cose in modo diverso rispetto all’abitudinarietà in cui spesso scivola la nostra vita; ma sappiamo anche che questa bellezza è poi chiamata a confrontarsi con le difficoltà che si incontrano nella vita e che spesso, come i discepoli nell’orto del Getsemani, ci trovano addormentati: «Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati».

Per la nostra vita di uomini e donne di fede, celebrare la trasfigurazione nel cuore della Quaresima significa assumere una postura del cuore e di sguardo rivolti a Colui che plasma di bellezza la nostra vita. Solo questo cambia concretamente la nostra vita evitando il rischio di addormentarci.

Riscoprire la piena relazione con Cristo Gesù attrae verso uno stile di vita volto alla felicità e che diventa cosi testimonianza attrattiva per tutti coloro che condividono con noi il cammino.