La samaritana è nostra sorella. Come noi, ha sete d’amore. È alla ricerca dell’Amore vero. Per questo si ritrova a credere all’amore di cartapesta di quattro uomini ingannatori. E, intanto, il giudizio della sua gente le ha dato il colpo di grazia. È giudicata senza pietà: è una donna leggera, una poco di buono, condannata dai benpensanti di ieri e di oggi. Il giudizio nei suoi confronti è così pesante che preferisce attingere acqua in pieno sole, pur di non incontrare nessuna delle vicine “a modo” che la guardano dall’alto in basso. Il suo cuore è pesante, dissetato da un’acqua salata. Non dell’acqua che dona vita, ma da un’acqua che conduce lentamente alla morte. E lì, al pozzo, Gesù la sta aspettando. Anche se è stanco, perché sempre Dio ci insegue.
Eccolo il Signore della vita che attende la sua creatura, per chiederle di poter abbracciare la sua fragilità. A chiedere di poterla accogliere tra le sue braccia misericordiose, quella donna che, sola, viene a far acqua al pozzo nell’ora più assurda della giornata. Per non essere vista. Il paese è piccolo e la gente mormora. E lei non ne può davvero più di essere giudicata.
Non ha un nome. Le può essere dato il nome di ciascuno di noi. Per questo è sorella di ogni uomo e di ogni donna oppressa dal peccato e dal giudizio altri. Come tutti noi. Stanca di dover essere come gli altri vogliono, vorrebbero, dicono. Stanca lei. Ma è stanco anche Gesù che condivide la stanchezza dell’intera umanità.
E chiede alla donna di dissetarlo. Ha sete della sua fede ormai spenta. Ha sete della parte più vera di una donna sola che chiede solo di essere amata. Istintivamente la donna tentenna, diffida di quest’uomo apparentemente disarmato. Nessun maschio parla ad una donna. Nessun ebreo parla ad un samaritano. Tenta un abbordaggio, il viandante, stia alla larga.
Chi è avvezzo ad essere sempre usata, stenta a riconoscere l’amore vero di un Dio che fa il primo passo. Eppure Dio la sta corteggiando con un amore che non chiede nulla ma vorrebbe solo donarsi.
Il pozzo è il luogo del corteggiamento nella Bibbia. Al pozzo, infatti, Isacco incontrò la sua Rebecca. Al pozzo Mosè si innamorò di Zippora.
Gesù non demorde… Uomo, donna, ebrei, samaritano… che importa appartenere ad un gruppo? Non vi è differenza o priorità derivante da una carta d’identità per il Signore. Siamo tutti degli assetati. A lui importa far emergere la dignità di ogni persona che si pone in ascolto della sua Parola. Fa il primo passo: offre la sua acqua. Ora Gesù ha ottenuto l’attenzione della donna. Ma una domanda è necessaria: Come fa ad avere l’acqua di sorgente se non ha nemmeno con cosa attingere? Lei parla dell’acqua da bere. Lui di quella che disseta.
Cominciano a crollare le diffidenze della donna. Gesù, nel cuore stanco della donna, passa dall’essere considerato uno scocciatore ad essere visto come qualcuno a cui dare ascolto. Egli supera ancora qualche perplessità della samaritana: sì, Lui è più di Giacobbe che diede al villaggio quel pozzo. Ora è la donna che chiede da bere. È lei che va dissetata. Si giunge alla domanda che apre al dialogo, che apre all’incontro fondato sulla verità, sul possibile che rinnova la vita.
E Gesù alza la posta. Quando mettiamo a fuoco l’immenso desiderio di felicità che portiamo nel cuore, quando giungiamo ad esprimere quel desiderio, quel grido, Dio ci chiede di essere autentici. Gesù chiede alla donna di chiamare suo marito. Lei si irrigidisce.
No, questo no. La donna tenta di richiudersi. Eccone un altro. Uno di quelli che giudicano, che si sentono migliori, che aggiungono sale alle ferite, come se lei non sapesse che il suo cuore l’ha ridotta ad uno straccio. E Gesù insiste, come può insistere solo un amore che accoglie con rispetto, senza giudizio. Se vuoi essere dissetata, fa intendere alla donna, sii onesta con te stessa.
Dio non ti giudica, Dio non ti condanna. Ti chiede solo di accettare tutta la verità dolorosa della tua esistenza. È il primo passo da fare verso una vita rinnovata e sanata dalla misericordia di Dio. La donna tenta un’ultima volta di evitare la scelta di mettersi a nudo, senza difese. Cerca di evitare la dolorosa verità della sua vita. Pone una domanda tentando di sviare l’attenzione di Gesù su altro: la mette sul religioso: Dio bisogna pregarlo a Gerusalemme o qui, sul Garizim?
Domanda ingenua, domanda imbarazzante. Lei, pubblica peccatrice, non può entrare nel Tempio, né in quello della Giudea, né avrebbe potuto in quello ormai distrutto dei Samaritani. La religione ha le proprie regole, e lei è fuori. E invece no, dice Gesù. Con delicatezza rimette l’attenzione sulla necessità di essere veri. Il suo cuore è un tempio, la sua verità, il suo spirito le permettono di accedere alla gloria. Lei è un tempio e lì può incontrare Dio. L’unica condizione è quella di lasciarsi guidare dallo Spirito di verità che illumina ogni anfratto buio della nostra vita.
L’Amore vero, è lì davanti a lei. Chiede solo di essere accolto con tutta la verità, senza chiedere null’altro. Cadono così le ultime resistenze all’amore. Il suo cuore è tempio. E Dio lo abita anche se la sua vita affettiva è marcia. Dio abita il nostro cuore anche se la nostra fragilità e il nostro peccato lo fanno vacillare. La samaritana abbandona ogni difesa. Davanti all’Amore che copre il nostro peccato, possiamo solo abbandonare le nostre difese. Non sa nemmeno cosa dire. Arriverà il Messia, dirà, spiegherà, farà.
No, risponde Gesù, il futuro è qui, ora. Il futuro si è realizzato. Il possibile è davanti ai nostri occhi ogni volta che riconosciamo la nostra sete di amore e di verità. La novità portata dal Signore della vita ci è posta dinanzi tutte le volte che lasciamo cadere le nostre inutili difese. Il Messia è già qui. Davanti a te.
Lascia la brocca in terra, la donna. Travolta dall’Amore.
Corre da coloro che evitava. Corre incontro a chi la giudicava. Non vi è più paura di nulla quando lasciamo il timone della nostra vita a Colui che ne è l’artefice. Grida a tutti del suo incontro. Non si può tacere l’incontro con la Verità e con l’Amore. Perché chi si sente amato diventa contagioso. L’Amore che la donna accetta di accogliere, deborda, esonda, sconfina. Non può essere contenuto o rinchiuso nei gretti confini della nostra piccola esistenza.
La donna che prendeva quanta acqua serviva alla sua sete, diventa colei che dona. Capisce che non placherà la sete bevendo a sazietà, ma soltanto placando la sete d’altri. Comprende che si illuminerà illuminando altri, che riceverà gioia donando gioia. Diventare sorgente: bellissimo progetto per ogni cuore assetato di più vita. L’Amore a condiviso, donato a tutti, senza distinzione. E, così, le sue tenebre diventano l’ombra della luce.
E noi? Eccoci, proprio come la Samaritana. Assetati. Come lei feriti e diffidenti. Anche noi come lei, cerchiamo dentro di noi il coraggio di farci incontrare da questo Amore. Abbassiamo le difese, frantumiamo le resistenze che impediscono a Dio di incontrarci nella verità di noi stessi. Liberiamoci dalla paura di essere giudicati. Spalanchiamo le nostre braccia e scegliamo di rinascere, dissetandoci di quell’acqua viva che ci rinnova. Saremo capaci di annunciare a tutti, quanto siamo amati da Dio.