Il cammino, della pastorale giovanile che, come è stato detto, non è un evento isolato, ma itinerario, una serie di passi che ci permettono di andare avanti. È stata vista l’esperienza della GMG di Rio, la nostra GMG diocesana, e poi il cammino vocazionale, gli interventi, le domande.
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La fede accoglie la sfida della realtà.
Quando c’è stata la giornata diocesana della Gioventù, quel 12 aprile, avevo ricevuto un invito ad andare a trovare gli operai dell’indotto della Marina che stavano scioperando dall’altra parte del ponte girevole, perché circa 300 persone rischiavano di perdere il posto di lavoro. Allora prima di venire da voi sono passato da loro. Infatti, mi sono detto, come possiamo noi festeggiare senza tenere presenti i drammi della nostra città, i problemi della nostra gente. La nostra fede, anche il ritrovarci oggi, non è dimenticare la realtà, ma essere ancora più vicini alle domande, alle preoccupazioni, al cuore, alle attese di vita, al dolore di quanti ci sono compagni di cammino (i nostri amici, genitori, le famiglie, le persone provate dalla crisi). Come anche questo mese era pieno zeppo di Cresime e l’altra domenica ho ricevuto anche l’invito a visitare i trasportatori dell’Eni, anche loro in sciopero perché anche loro rischiavano di perdere il posto di lavoro . Anche qui sono stato vicino a loro, ho ascoltato le loro problematiche, ho detto loro di rispettare in primo luogo la legalità. Loro mi hanno accolto con grande attenzione e gratitudine, mi hanno chiesto di pregare insieme, e poi mi hanno chiesto se potevo chiamare al prefetto, al sindaco. Queste cose sono sempre complicate, ma le ho fatte lo stesso perché sentivo mia la domanda di quelle persone che rischiavano di perdere il lavoro. Tutto questo per dire una cosa molto importante e cioè che il nostro orizzonte non è la Chiesa, ma la realtà, il mondo. La Chiesa esiste non per vivere tra di noi, ma per lanciarci a vivere con intensità la realtà. L’orizzonte della nostra vita non sono le nostre parrocchie, i nostri gruppi, ma l’orizzonte della nostra vita è la realtà dove viviamo, e lì che dobbiamo sbattere, e allora lì o diamo speranza e significhiamo qualcosa oppure ci possiamo ritirare. Se tutto serve solo per le Messe e per le altre funzioni senza nessun interesse per la vita personale e sociale possiamo fare altro.
Come adesso questo numero di rifugiati che viene, migranti, che scappano da guerre, fame, violenza ecc.. Come possiamo rimanere chiusi davanti a questi drammi? Il cristiano è chiamato ad amare il nemico, e ancora di più, il fratello che viene profugo, che cerca aiuto. Ed è stato sorprendente l’impegno di diverse persone, gruppi, associazioni, scout, azione cattolica, comunione e liberazione, banco alimentare, e tutte le parrocchie. I parroci hanno fatto una colletta, ma non generica, maben mirata. Cosa serve?indumenti? allora arrivava un furgoncino con il materiale richiesto. L’altra sera sono andato, quando è arrivata la San Giorgio, la nave con circa 1200 migranti ed era evidente la gratitudine di tutte le persone presenti e ringraziavano il Vescovo per la solidarietà. Mi è giunta anche una lettera di ringraziamento dall’Abfo, dove appunto dicevano che questa è stata una occasione per evidenziare, l’impegno e la partecipazione delle associazioni cattoliche, dei parroci, dei giovani e di tante forze sane del volontariato locale. Abbiamo potuto condividere la grande risposta all’emergenza del territorio. Non può infatti accadere una cosa così grave e restare a guardare, ma siamo subito provocati a fare tutto quello che si può fare. E in questo senso dico prepariamoci ad essere di stimolo per le nostre parrocchie, perche ci sono sempre quelli che sono scettici dicendo che stiamo già male noi ed abbiamo i nostri problemi. E’ vero ci sono tanti problemi, eppure le persone si sono mosse con disponibilità e precisione, quindi è una grande speranza per tutti.
Sulle rive della Libia ci sono almeno centomila migranti, pronti per partire. Io faccio sempre l’esempio di quando noi italiani eravamo emigranti in nord Europa, negli Stati Uniti, ecc..Se dove siamo andati, ci avessero respinto, cosa avremmo potuto fare? Se non essere disperati. Invece siamo stati accolti. Dove gli italiani sono andati, si sono fatti valere, nel senso che hanno costruito cose belle. Ad esempio in Brasile, dove sono stato, sono venuti prima degli immigrati tedeschi che hanno dato la loro impronta, e poi quelli italiani, dopo l’unità d’Italia; hanno sudato lacrime e sangue, però poi hanno coltivato la terra, e hanno testimoniato i valori più importanti per noi, la famiglia, il lavoro, la fede, e poi una forma lieta di stare insieme e di fare festa. Allora questa è la prospettiva: noi ci dobbiamo lasciar sfidare dalla realtà, da queste cose, e la fede ci sostiene e ci spinge a non chiuderci nei nostri interessi e nel nostro comodo, ma alla solidarietà e a mantenere il cuore aperto.
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La perla preziosa.
Nel suo intervento una di voi, citava una mia riflessione fatta con un gruppo di giovani della società tarantina, lì io ho parlato loro della perla preziosa del Vangelo di Matteo (Mt 13,44-45).
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra (vende tutti i suoi averi e compra questa che vale più di tutto, più di ogni cosa).
Allora la nostra amica chiedeva, ma come noi possiamo approfondire la coscienza di avere questa perla e come possiamo comunicarla agli altri? E’ una domanda molto giusta perché noi siamo chiamati a dialogare con tutti. La perla preziosa la coltivi, la puoi coltivare in ogni situazione, non è che si coltiva nella sacrestia, ma in ogni posto. Pensiamo per il prossimo anno di fare una grande missione sulle spiagge del nostro litorale, incontrando i giovani e comunicando la bellezza della fede. Equesto possiamo farlo già personalmente in queste vacanze. Dovunque siamo diamo la nostra testimonianza, la testimonianza che qualcosa di grande ci è accaduto. Oggi se noi siamo qui, insieme ai sacerdoti, religiose, ed altri, significa che qualcosa di questa perla preziosa, già lo stiamo vivendo, perché se non fosse così oggi non staremmo qui riuniti e potremmo fare ben altro. Invece ci troviamo insieme è per la coscienza anche se solo iniziale dell’ incontro con la perla preziosa. E noi capiamo bene la differenza tra la perla vera e quella falsa e non ci accontentiamo delle bigotterie false quando possiamo avere la perla vera. Qui le ragazze hanno più intuito. A volte capita però che rimaniamo abbagliati dalle apparenze, ma chi ha l’occhio e se ne intende sa distinguere una perla da un fondo di bicchiere che non vale niente. Allora perché accontentarci della pietra falsa, e non cercare, desiderare con tutta l’anima la pietra vera. Di pietre false ce ne sono tante per occupare il tempo, e che si smerciano nel mondo, invece della perla preziosa è rara ed è quella che ci piace davvero e ci soddisfa. Quindi il nostro compito, il compito della vita è proprio trovare, alimentare la ricerca della perla preziosa. Su questo voglio che cos’è la perla preziosa; essa la intendo in due maniere.
Innanzitutto la perla preziosa è ciascuno di noi. Siamo noi la realtà preziosa. E chi ti invita semplicemente a distrarti, a fare caciara, a vivere alla giornata, non ti considera una perla preziosa, ti considera uno scarto, un rottame, qualcosa da buttar via. Questo succede perché non si dà valore alla propria vita. Se amiamo davvero il tesoro che è la nostra vita possiamo parlare a tutti. Possiamo dire a tutti che in ciascuno di noi c’è una perla preziosa, c’è un tesoro infinito, c’è un desiderio infinito di felicità, magari cercato male. Ma il cuore vuole questa perla preziosa che siamo noi.
E poi la perla preziosa, il tesoro nel campo, è quell’incontro decisivo che ci spalanca la vita, l’incontro con il Signore. Questa è proprio la perla, il tesoro trovato nel campo che accade, che ci sorprende, e che ad un certo punto della nostra vita, è accaduto e ci ha meravigliato, ed è straordinario. Ed ancora più grande è il fatto che continua ad accadere, se me ne accorgo e lo cerco il tesoro +è qui nel campo, la perla è qui con me. L’incontro non è un punto che una volta fatto è finito, ma al contrario, una volta incontrato non lo posso cancellare dalla mia vita, ma posso riprenderlo ogni giorno. La perla preziosa si coltiva, altrimenti uno ne perde il valore. Il nostro compito è proprio quello di far scoprire agli altri questo valore. Tutto ciò può avvenire se abbiamo coscienza di quanto è grande il nostro cuore. Nell’incontro con il Signore, con la comunità, con la Parola di Dio, con l’Eucarestia, con gli amici veri si scopre questa perla preziosa.
Ma questa perla preziosa è concreta, reale, visibile? Vi devo raccontare che tra le tante persone di tutti i tipi che incontro, (ammalati, carcerati, operai, disoccupati ecc.) visito molto anche scuole elementari, medie di Taranto e dei paesi. Un ragazzo di seconda media mi ha domandato: “Don Filippo se Dio è puro spirito, invisibile, come noi abbiamo la certezza che Lui esiste?” Ed io gli ho risposto facendogli una domanda: “E’ vero Dio è puro spirito, ma dimmi gli apostoli vedevano Dio o non lo vedevano?” E lo domando anche qui a voi. Quei ragazzi sono rimasti zitti. Poi ho continuato:”Ma gli apostoli vedevano Gesù o non lo vedevano?” Hanno risposto: “Certo Gesù lo vedevano”. Allora ho incalzato: “ Allora Dio è diventato visibile o no? si è fatto vedere o no? o stiamo seguendo una filosofia che non si vede?” Ed ho aggiunto: “ Noi stiamo seguendo un uomo in carne ed ossa, un uomo a cui poi hanno chiesto, ma dove abiti? E Lui ha risposto “venite e vedete”.E loro, gli apostoli hanno visto come curava gli ammalati; stava con i poveri, i peccatori. E rimanevano ammirati nel vedere come non dimenticava niente, era attento a tutti. Ed poco a poco hanno detto “Questo è il Messia, il Dio venuto in mezzo a noi”. Poi i miracoli ed in fine il dono sino in fondo nella passione, morte e risurrezione. E quando sale al cielo, dice: “Ecco io sono con voi tutti i giorni, dove voi siete riuniti nel mio nome io sono presente tra di voi”. Proprio come oggi Lui è tra di noi, lo vedi lo senti, nelle testimonianze, nelle domande, nella vita. Noi siamo il segno di quella perla preziosa, che rende preziosa la vita di ogni uomo. Il Signore si vede e ci viene incontro oggi nella testimonianza di un amico che ci colpisce e che ci rimanda a Lui. E’ presente nella Parola, nell’Eucarestia, nei poveri che sono la sua carne. Stare con il Signore è come l’esperienza di vedere Dio si vede, si sente e si percepisce. Certo non è solo quello che sta alla superficie, ma è il cuore della realtà. Con l’Ascensione il Signore è diventato il cuore della realtà, il significato vero delle cose. E noi non vogliamo vivere sulla superficie, ma nella verità delle cose, nella verità dei rapporti. Questa è la nostra esperienza: portare a tutti l’annuncio di qualcosa che dà luce e significato alla vita, perciò possiamo dialogare con tutti, con grande libertà, senza orgoglio falso.
La certezza viene come è accaduto agli apostoli a cui Gesù ha detto “vieni e vedi”. Loro hanno visto ed hanno verificato che quell’incontro non era come tutti gli altri e lo hanno seguito sempre più. Per noi accade la certezza quando seguiamo chi ci ha suscitato l’incontro e lo riprendiamo ogni giorno pregando la mattina, meditando qualche minuto su un brano della Bibbia, o su di un testo che ci sveglia e ci scalda il cuore; partecipando all’eucarestia e stando con gli amici che ti aiutano in questo. Tutto ciò possiamo viverlo anche in queste vacanze perché se abbiamo trovato la perla preziosa non dobbiamo perderla. Anzi le vacanze sono il tempo propizio per scoprirla sempre di più e gustarla.
Mi è giunta anche un’altra domanda. Alle volte ci si trova a ridurre l’evangelizzazione a pura attività umana, che produce la stanchezza e l’incapacità di incontrare gli altri. Quando la nostra evangelizzazione o è chiusa nella parrocchia o è puro attivismo non produce nulla, perché non è incontro, non è dialogo con l’umanità dell’altro, non è partecipazione ai dolori, alle domande, alle gioie delle persone . Allora se sono solo discorsi e iniziative buttate là non siamo attenti alla perla che si trova in noi e nelle persone, anche nell’ultimo, nell’ammalato, nella persona che non conosciamo. Invece tutto ci è dato per scoprirla e per apprezzarla sempre più.
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Come arrivare alla certezza?
Rispondo ad un’altra domanda che gli scout mi hanno fatto arrivare: Come nel contesto della nostra realtà cittadina è possibile trovare il coraggio di camminare nella fede, testimoniare la Parola di Dio, senza lasciarci vincere dal dubbio e dalla paura?
Gli apostoli come sono arrivati a questa certezza? andando dietro al Signore, ogni giorno lo vedevano e avevano la conferma; questo è straordinario e poco a poco è aumentata la certezza, proprio in mezzo ai drammi e a tutti i problemi della vita. Stando con Gesù hanno avuto la possibilità di sviluppare la loro umanità e così può accadere anche per noi, nel nostro cammino. Ricordiamoci dunque della perla preziosa nella nostra vita, e la perla preziosa che è anche la vita degli altri. Se cominciamo la giornata fissando quella perla preziosa nella preghiera ben fatta quella perla ci illumina e ci fa andare incontro agli altri. La perla è per incontrare gli altri; ci mette in atteggiamento di uscita, per incontrare le domande, le sofferenze, i problemi del mondo di oggi e dare una risposta. Quale? Quella che viene dall’incontro col Signore e non da una mentalità superficiale e mondana. Tutti infatti ti dicono che la perla preziosa è il successo personale, individuale, farsi i soldi, farsi strada nella vita con le buone o con le brutte, valori non ce ne sono, punti di riferimento non esistono. Ha successo il migliore, il più forte e che gli altri si dannino, invece non è così. La perla preziosa è la vera gioia consistente della vita e questo lo scopriamo in un cammino, come hanno fatto gli apostoli e la loro certezza è cresciuta ed è cresciuto anche il loro coraggio col dono dello Spirito. E’ bellissimo questo ripercorrere le tappe della Pastorale della Gioventù durante quest’anno in un cammino in cui andiamo avanti insieme tappa dopo tappa.
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Nei Mondiali di Calcio e nella vita. Agonismo per vincere, gioco di squadra, ordine, senso del limite.
Volevo fare anche qualche riferimento a ciò che stiamo vivendo in questi giorni con i mondiali di calcio, che sono una parabola della vita. Perché? Innanzitutto perché si mette in evidenza lo spirito di una giusta competizione. Nei campionati del mondo come nella vita, non si entra per pareggiare, ma si entra per vincere. Noi non vogliamo fare uno 0-0. I miei amici brasiliani già dalla prima partita dei mondiali sono convinti che il campionato lo vinceranno loro e dicono “la coppa è la nostra”. Noi siamo più discreti, forse anche coscienti dei nostri limiti. Ma è giusto il desiderio di non pareggiare e di vincere. E’ importante lottare per questo, altrimenti siamo fritti sin dall’inizio. È giusto il desiderio di costruire bene, di vincere nella vita. Non il successo immeritato, ma la volontà di raggiungere i giusti obiettivi. Allora ti devi trovare la squadra buona, perché da solo non fai niente; puoi far appena l’autogol. Poi anche con una buona squadra, ad un certo punto, trovi il limite dei tuoi giocatori che non rispondono o degli altri che sono più motivati di te. Sperimentare il limite è importante; come è vero che lo sport ci educa ad avere la coscienza del limite, perché io non sono onnipotente, ed il limite fa parte della vita. Solo il limite ti può condurre ad avere fiducia in qualcosa che è illimitato, altrimenti uno si abbatte e si deprime. La coscienza del limite ti fa cercare una risposta grande e vera.
Per questo è bello ed è interessante il senso dell’agonismo. Come sono detestabili le gatte morte, proprio una cosa vomitevole, invece la nostra è una battaglia. Questo è il senso che dobbiamo imparare, perché uno ci mette tutto. Per esempio fare un incontro come oggi, farlo bene e non arrangiato. Le cose vanno fatte per l’agone della vita, e lo stesso nelle parrocchie, in modo che qualcuno si senta attratto e non si vada a rompere l’anima alle riunioni, cioè diamo bellezza a ciò che facciamo. Per questo l’agone e la bellezza sono una cosa importante. Ogni gesto che proponiamo deve essere una cosa attraente, interessante, viva, per noi e per gli altri E per questo ci deve essere una attenta preparazione, anche nei particolari. Non si può improvvisare. Agone, passione, bellezza e attenta preparazione per proporre quello che amiamo. Questo è il compito della vita.
Nello sport, come nella vita noi non possiamo abbandonarci al comodo. I calciatori fanno allenamenti su allenamenti. Gli atleti del Costa Rica ci mettevano l’anima e noi appena il minimo indispensabile: Siamo chiamati a vincere il comodismo. Il massimo della vita non può essere stare davanti alla tv, ma questa competizione sana. Dice la Bibbia: “Il regno dei cieli patisce violenza e solo i violenti potranno ereditarlo (Mt 11,12). Qui i violenti non sono coloro che fanno i massacri, ma sono coloro che lottano per ciò per cui vale la pena, lottano per la propria vita. Uno lotta per ciò che è vero, contro il pensiero dominante, contro la concupiscenza; non ci si consegna, non ci si butta alle ortiche. La vita è proprio questa conquista, una lotta per poter vincere e non per venire a patti, per pareggiare.
Poi lo sport ci ricorda anche il concetto di ordine. In un gioco uno non può fare quello che vuole, ma deve seguire un ordine, e si fa il gioco di squadra, ordinato, generoso e creativo. Uno può essere anche bravo, ma se non c’è gioco di squadra si può vincere una partita, ma non il campionato. Come è accaduto per l’Italia che ha vinto la prima partita e poi è stata eliminata. Se uno si percepisce da solo e non in una comunità, si perde. Vi sto offrendo gli spunti positivi che vengono dallo sport, e dal calcio in particolare. Quel gioco però ti serve se ti sprona nella vita a lottare, se ti sprona a superare la tendenza alla mollezza e a vivere l’esperienza di comunità. Il calcio, il campionato del mondo ci entusiasma, ma dopo aver assistito ad una partita, aver fatto il tifo, per caso ti salva la vita? Ci possiamo appassionare per lo sport, per tante cose, però abbiamo sufficiente intelligenza per scoprire, chi e che cosa ci salva la vita. Qualcosa che, terminato il gioco, non finisce e questo è proprio l’incontro, la perla preziosa; quel fatto che ti segna per sempre e che non passa. La perla della tua vocazione, il cammino vocazionale. Il Signore ci dà Lui i segni, per percorrere questo cammino, ci indica strada della realizzazione piena, la strada della felicità. Il Signore non vuole per te una mezza misura, il Signore vuole per te la pienezza.
Approfittate bene delle vacanze con questi punti che vi ho indicato, nel senso che è il tempo proprio della ricerca di ciò che permette la crescita della nostra vita, anche in un clima più libero. Nelle vacanze si rivela quello che veramente amiamo; si rivela ciò a cui realmente teniamo. C’è un aspetto molto bello nella questione della vocazione e cioè che chi ha fatto scaturire l’incontro non siamo stati noi, l’incontro ci è stato dato. Noi lo abbiamo scoperto, riconosciuto e seguito. Ma anche qui chi porta avanti il cammino è il Signore. Noi dobbiamo dire di sì a colui che ogni giorno ci guarda, ci ama, e come dice sempre Papa Francesco, ci perdona. Ricordate quel benzinaio di Rio, che mi ha riferito il discorso del Papa a Copacabana “il Signore non si stanca mai di perdonarci, ma siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono”. Ed era molto felice, tanto da fare la catechesi al Vescovo.
Approfittate del tempo della vacanza per seguire con libertà Colui che ha cominciato in noi l’opera buona e che la porta avanti col suo Spirito. Incontriamo le persone, facciamo missione e comunichiamo la bellezza che ci ha raggiunti. Alziamo gli occhi al Signore nelle preghiera. Siamo fedeli, non approssimativi. Viviamo bene la vita nelle nostre comunità e seguiamo le persone che ci aiutano in questo cammino.
Vi abbraccio e vi benedico!
Don Filippo