Il cammino da Gerusalemme ad Emmaus di Cleopa e del suo compagno, ha il sapore della ritirata dopo la sconfitta. È lo spegnersi dei riflettori dopo che l’ultima battuta, secondo il loro ristretto modo di vedere, è stata quella della morte. Non c’è più nulla da fare. È tutto finito. Si aspettavano, probabilmente un Dio combattente, con la spada in mano, pronto a liberare tutti dal dominio dei Romani. E invece? Invece è tutta una sconfitta, una ritirata alla chetichella con il timore di fare la stessa fine di Gesù.
La strada che conduce da Gerusalemme ad Emmaus, a questo punto, potremmo chiamarla la via della rovina, della disillusione. Cleopa e il suo compagno erano così ripiegati sulla loro delusione che, all’avvicinarsi di Gesù “i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Già, perché il Dio di Gesù è scandalosamente debole. È un Dio che accetta di morire per dare la vita. E lo fa unicamente per amore. Per tutto questo si allontanano da Gerusalemme.
Eccolo. Il cammino di Gesù è diverso dal camminare dei due discepoli. Il suo è un andare che diviene vicinanza lungo il viaggio. Un Dio che non si stanca di camminare per le strade, i viottoli e i sentieri alla ricerca del nostro dolore e della nostra speranza spenta. È un Dio che si fa carico di ciascuno di noi.
Parla Gesù, spiega che la croce non è un incidente di percorso, non è un calcolo sbagliato. La croce è il passaggio necessario per una pienezza d’amore, gratuito e totale che ribalta interamente la visione di un Dio battagliero e potente.
I due discepoli si sorprendono nel cogliere una verità immensa: la presenza di Dio proprio là dove sembra impossibile. La mano di un Dio amore posata sulla croce. Nel silenzio. Mentre tesse la tela della vita che rinasce, risorge con tutta la sua bellezza
“Resta con noi, perché si fa sera.” Sono così belle queste parole pronunciate dai discepoli che, oggi, sono ancora le parole di un canto che risuona nelle nostre liturgie. Egli, il Risorto, non attende altro che l’invito per diventare intimo di ognuno di noi. Resta nelle vite spezzate. Resta nelle vite diventate prive di significato. Resta se glielo chiediamo. Entra nella mia esistenza buia e la trasforma dal di dentro. Trasforma prima di tutto gli occhi. Infatti “Lo riconobbero allo spezzare del pane”.
Il Risorto, accolto nella nostra vita, rimette a posto ogni cosa. La sua Parola riaccende il cuore disilluso. Anche il camminare dei due discepoli acquista un nuovo vigore ma, soprattutto, un’altra direzione. Fanno ritorno a Gerusalemme con il cuore e la vita rinnovata. Non sono più i discepoli timorosi e disillusi di poco prima. Sono diventati gli apostoli e i testimoni di una verità che ha attraversato i secoli: Cristo, speranza di ogni uomo è Risorto!