É strano il destino di Tommaso. Ha fatto la più bella espressione di fede nei vangeli ed è passato alla storia come l’incredulo.
Nel Vangelo di Giovanni il suo nome viene ripetuto sette volte e per tre volte viene detto “didimo”, il gemello. Di chi è il gemello? E’ il gemello di Gesù. Al momento di andare da Lazzaro per risuscitarlo, i discepoli si erano impauriti perché stavano ritornando in Giudea dove cercavano di ammazzarlo e Tommaso sarà l’unico ad avere il coraggio di dire “andiamo anche noi a morire con lui”. Tommaso non era pauroso come gli altri discepoli (che infatti stanno chiusi). Tommaso aveva compreso, che non bisogna dare la vita per Gesù. Da quel momento Tommaso viene chiamato “il Dìdimo”, il gemello di Gesù, quello che gli assomiglia.
Ma Tommaso è anche nostro gemello: in fondo siamo noi Tommaso, che per credere non ci accontentiamo di ascoltare ma vogliamo toccare. Abbiamo anche noi quella sua stessa fede dubbiosa ed è proprio quel dubbio che apre la strada all’incontro con il Risorto.
Gesù si presenta otto giorni dopo solo per lui! È stupendo sapere che il Risorto, se tardo ad aprire la porta del mio cuore, ritorna. Ha pazienza, non si stanca. E viene in cerca proprio di me. Come sempre va in cerca della pecorella smarrita. C’è sempre una seconda possibilità per me. È un treno che nella mia vita passa continuamente.
Gesù dice a Tommaso di mettere il suo dito nei fori delle mani e nel fianco, sa quello di cui ha bisogno la nostra fede. Tommaso si arrende e pronuncia la più alta professione di fede di tutti i Vangeli: «Mio Signore e mio Dio!». Per riconoscere che il Signore è vivo, bisogna toccare le sue piaghe, fare esperienza del suo amore, della vicinanza estrema di Dio.
Lasciamoci trovare dal Risorto, in questo grande ottavo giorno che è il tempo che ci è stato concesso sulla terra. Ci vuole incontrare, vuole guarire la nostra incredulità, vuol mostrare anche noi le sue piaghe e donarci la pace vera! Lasciamoci incontrare in profondità da quello sguardo di speranza che fa risorgere la vita. Anche sulle nostre labbra proromperà lo stesso canto di Tommaso: “Mio Signore, mio Dio!”